At night I can feel that poison runnin’ ‘round my veins… Ovvero… “Show me a hero” e il sogno americano…

A volte ti rendi conto che l’ignoranza è proprio una brutta bestia e che potresti sfuggire a questa ignoranza semplicemente affidandoti agli amici… Ad esempio, è da una vita che il nostro amico Lapinsù vuole iniziarci all’amore per il Boss, ma noi siamo dure di comprendonio e abbiamo sempre tergiversato… Beh, se fossimo andati a scuola da Lapi non ci saremmo trovati a guardare Show me a hero con il supporto di Cortana! Sì, perché la musica di Bruce Springsteen è la colonna sonora della miniserie della HBO che abbiamo con ritardo finito di guardare da poco e tutte le volte che partiva una canzone riconoscevamo il timbro, ma brancolavamo nel buio come delle talpe cieche e impedite! E sinceramente chi meglio del Boss avrebbe potuto fare da puntello alla tragedia di questo uomo quasi ridicoloshow-me-a-hero-official-poster superbamente interpretato da Oscar Isaac? Nessuno, perché nessuno racconta l’America come lo zio Bruce. Nessuno.

Potremmo paragonare Show me a hero a un grande affresco folk. Di quelli che raccontano la provincia americana, quella vera. Perché noi abbiamo una visione straniante degli Stati Uniti. Secondo noi è il paese delle grandi speranze, dei self made men. Il paese sesso, droga e rock’n’roll. E invece… Invece la provincia americana è quella raccontata dalle ballate folk, dai racconti di Raymond Carver. Perché, come scrive Francesco Piccolo nella prefazione di Cattedrale, “Tutti gli altri usano la vita per fare letteratura… Al contrario, Carver prende la letteratura e la applica a quella parte quasi inconsistente, o comunque non visibilmente consistente, che è la vita: e così lì davanti a te, mentre leggi, c’è proprio la vita così com’è“. E’ la provincia dalla quale tutti vorrebbero fuggire, ma dalla quale nessuno va mai via. E’ la provincia dove l’ordinario incancrenisce la politica, l’amore, la vita. E’ semplicemente la provincia.

Ed è questo quello che fa Paul Haggis* con Show me a heroPrende la storia vera di Nick Wasicsko, sindaco di Yonkers (cittadina dello stato di New York) a cavallo tra anni ’80 e ’90, e ne fa una ballata folk.hbo-miniseries-show-me-a-hero-e28093-justice-trailer-hbo_20150817163537_0 Ma nessuna ballata folk ha mai un lieto fine… E quando si ha davanti un eroe, la tragedia è dietro l’angolo, come diceva il buon vecchio Scott Fitzgerald. Non che Wasicsko sia un eroe senza macchia e senza paura, anzi. E’ un eroe postmoderno, un eroe in chiaroscuro. Un eroe che tenta (male) di fare la cosa giusta, ma pur sempre un eroe. E di piccoli eroi folk bistrattati e chiusi nel circolo vizioso della vita Oscar Isaac ne sa a pacchi, dopo essere stato uno splendido Llewyn Davis in uno dei film più belli e più sottovalutati dei fratelli Coen. Tutte le sei parti di cui è composta Show me a hero poggiano sulle sue spalle e su quei capelli anni ’80 improponibili. Tutto Show me a hero vive dei suoi silenzi, dei suoi sguardi. Nell’incarnazione di quel male di vivere che è tipicamente della provincia. Quel male di vivere che lotta contro i mulini a vento. Quel male di vivere che a tratti si macchia di bovarismo. Perché in Nick Wasicsko convivono e si sposano Madame Bovary e Don Chisciotte.

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* Non ti perdoneremo MAI per la storia di The Black Donnellys, lo sai, Paul?

40 risposte a “At night I can feel that poison runnin’ ‘round my veins… Ovvero… “Show me a hero” e il sogno americano…

  1. Uno dei drammi seri della vita è quando trovi Oscar Isaac sdraiabile anche conciato così. Comunque sono d’accordissimo con quello che hai detto, questa miniserie è fortunatamente andata oltre le mie aspettative, non pensavo potesse prendermi più di tanto visto l’argomento, e invece.. e la colonna sonora ha avuto il suo peso (nel senso di meriti). Prima o poi mi recupererò anche The Wire visto che il creatore è lo stesso, se non sbaglio

  2. Aggiungo rassegnata un altro elemento alla sconfinata lista di lacune che devo colmare. Sul Boss ci sono. Sulla serie no. Non c’è abbastanza tempo. Non c’è mai abbastanza tempo. Devo vedere, leggere, ascoltare, capire. E manca sempre qualcosa.

  3. Cara amica prima o poi capitolerai: tutti lo fanno.

    Il Boss lo si può solo amare.
    Cantare la provincia americana è una sua prerogativa e virtù (che in letteratura, secondo me, trova il suo omologo in Stephen King, ovviamente al netto delle macabre fantasie di cui sono infarciti i suoi romanzi).
    Ma cosa più importante è che Springsteen (come King) sa introdurre meravigliosamente i personaggi che popolano questa provincia, con i loro limiti, i loro difetti, la loro sottocultura, i loro pregiudizi, la loro semplicità e la loro pochezza.
    Quando hai tempo leggiti i testi di Nebraska, suo album del 82 interamente acustico: ascoltarlo è un esercizio difficile, ma leggere i testi è un’esperienza assolutamente divina. Lo menzionai di striscio qui https://lapinsu.wordpress.com/2015/06/29/la-poetica-di-bruce-springsteen-born-in-the-u-s-a/ ma prima o poi gli farò un post monografico perchè è un disco che merita.
    Da quel che intuisco, poi, per temi e sonorità sarebbe perfetto per descrivere questa serie tv: non avevo capito che ci fossero tante canzoni di Bruce (pensavo solo quella del vidoe che hai messo su FB), quindi scala rapidamente posizioni nella mia watchlist. A proposito: per caso sapete se e quanto verrà trasmessa in Italia? (ho una certa idiosincrasia per i sub-ita….)

  4. Mi devo ripetere anche oggi? No, dillo allora amica mia. Dillo.
    La guarderò sicuro per due motivi:
    – la tua recensione
    – la colonna sonora del Boss

    Mi scende una lacrima a leggere che non ascolti il Boss. O, almeno, che hai difficoltà ad approcciare le sue canzoni. Che la Forza sia con te.

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